CREDITI SORTI SUCCESSIVAMENTE ALLA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO

INSINUAZIONE  AL PASSIVO SEMPRE POSSIBILE O SOGGETTA A TERMINE DECADENZIALE ?

Cassazione civile, sez. VI, 02 Febbraio 2021, n. 2308. Pres. Ferro. Est. Vella

I Giudici della Suprema Corte fissano il termine congruo per il deposito della domanda di insinuazione al passivo:

1 ANNO dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare ovvero dalla maturazione del credito

Il Giudice di prime cure, rigettava l’opposizione alla stato passivo di una società fallita, affermando che la domanda del “creditore il cui credito sia sorto dopo il fallimento ed il cui nominativo non risulti dai documenti contabili (…) anche se ultratardiva, deve essere proposta entro un termine congruo da quando l’istante è venuto a conoscenza del fallimento” – termine, quest’ultimo, non predeterminato “ma rimesso alla valutazione del giudice di merito secondo un criterio di ragionevolezza, in rapporto alle peculiarità del caso concreto” (Cass. 23975/2015) – altrimenti gravando sul creditore l’onere di dimostrare la non imputabilità del ritardo, mentre l’opponente non aveva “dedotto e dimostrato dati fattuali idonei a provare la non imputabilità del ritardo” ai sensi dell’ art. 101 L. Fall.

Il creditore istante promuoveva pertanto ricorso per cassazione con il quale deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 L. Fall., comma 4, e del principio, affermato da Cass. 16218/2015, secondo il quale all’insinuazione dei crediti sorti successivamente alla dichiarazione di fallimento non dovrebbe applicarsi alcun termine decadenziale.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso respingendo la tesi giuridica proposta dal creditore ricorrente, secondo il quale, i crediti sorti successivamente alla declaratoria di fallimento potevano  essere insinuati al passivo sine die, non essendo soggetti ad alcun termine di decadenza.

La Corte, ha invece ritenuto che i precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente, risultassero  ormai superati dal prevalente e più recente orientamento della Cassazione (da ultimo Cass. 3872/2020, Cass. 18544/2019), orientamento secondo il quale:

1) “l’insinuazione al passivo dei crediti sorti nel corso della procedura fallimentare non è soggetta al termine di decadenza previsto dall’art. 101 L. Fall., comma 1 e 4” (v. Cass. 16218/2015, 20310/2018, 1391/2019, 13461/2019, 18544/2019, 28799/2019);

2) “in questi casi non è possibile ritenere che i crediti così sorti rimangano privi di un adeguato spazio temporale per la presentazione dell’insinuazione, non costituendo a ciò rimedio adeguato (Cass. 16218 / 2015) l’opinione secondo cui, “costituendo il carattere sopravvenuto del credito stesso ragione di non imputabilità del ritardo dell’insinuazione, quest’ultima sarebbe comunque ammissibile ai sensi dell’art. 101 L. Fall., u.c.”;

3) “tale insinuazione tuttavia incontra comunque un limite temporale, da individuarsi – in coerenza e armonia con l’intero sistema di insinuazione che è attualmente in essere e sulla scorta dei principi costituzionali di parità di trattamento di cui all’art. 3 Cost. e del diritto di azione in giudizio di cui all’art. 24 Cost. – nel termine di 1 anno, espressivo dell’attuale sistema in materia”, decorrente “dal momento in cui si verificano le condizioni di partecipazione al passivo fallimentare” (Cass. 3872/2020), o “dalla maturazione del credito” (Cass. 18544/2019).

A fronte di  ciò la Corte ha confermato la sentenza impugnata in quanto nel caso di specie l’insinuazione  era stata proposta solo, a distanza di quattro anni e mezzo dall’insorgenza del credito “post fallimentare”, precisando peraltro che, come accertato anche dal giudice di merito, il ricorrente non ha mai allegato (anche in sede di ricorso) le ragioni del proprio ritardo, così come previsto dall’art. 101 L. Fall.

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